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Spett-Attori di se stessi sul palco della Vita

Teatro come mezzo creativo ed educativo per conoscersi in profondità, oltre i copioni dell’io.

Ogni persona, in origine, nel proprio bagaglio archetipico ha in sé molteplici possibilità di espressione dei sentimenti. Il bambino, tramite una lettura emotiva degli eventi, vive la pluralità delle proprie possibilità “sceniche” esistenziali. Col passare del tempo si subisce un modellamento, la spontaneità dell'espressione individuale si inibisce con una sorta di controllo delle variabili dei propri spazi di vita e quel periodo giocoso che è l’infanzia cede il posto ad un nuovo momento di costruzione del proprio personaggio nel mondo, fino alla ricerca di nuove vie d’uscita dal un copione di sempre che impone una parte che resiste ad ogni volontà di cambiamento. 

Si avvicendano, così, periodi in cui il timore del giudizio sociale prende il sopravvento, l’imposizione non ragionata né letta in maniera critica delle norme morali suggerisce l’attesa e la fuoriuscita dallo spazio extra quotidiano comporta una cristallizzazione delle proprie possibilità. 

L’attore-persona, spesso, finisce per cadere nella trappola dei condizionamenti, dove non c’è più spazio per eventuali libere possibilità interpretative. Frequentemente, infatti, capita di trovarsi di fronte alla sofferenza psichica quale mancata possibilità espressiva. 

L’arte drammatica interviene come lo strumento dell'integrazione e trasformazione della personalità nella sua interezza. Tra i modelli di comunicazione educativa, il teatro si prospetta particolarmente efficace nel veicolare l'insegnamento e il coinvolgimento emotivo. Da sempre, come ricorda l’epistemologo P. Feyerabend, il teatro è stato una forma di conoscenza:
La poesia, l'epica, il teatro svilupparono mezzi per la rappresentazione di particolarità individuali e di leggi sociali molto tempo prima che se ne occupassero la psicologia scientifica e la sociologia.”.

Il teatro infatti può essere visto come un “dispositivo conoscitivo” molto articolato, mediante il quale si realizza una forma di conoscenza psicologica dell’uomo. La funzione dell’attore nel teatro classico, nel teatro tradizionale è quella di calarsi nel personaggio, viverlo e trasformarlo. Nella cultura occidentale un grande posto hanno Euripide, Eschilo e altri tragici greci che attraverso la tragedia veicolavano concetti fondamentali - il rapporto con la morte, il rapporto con le passioni, il rapporto con la scoperta del Sé. Il teatro quindi non è solamente un “luogo” dove si va per distrarsi, ma una “attività di ricerca”, di studio, di conoscenza.
“Quel che accade nell’ambiente psichico teatrale, in realtà accade nella nostra mente, e se noi partecipiamo in maniera compiuta, attenta, conforme ai canoni antichi, la trasformazione che si ha nel teatro, l’epilogo, è lo stesso epilogo che sentiamo noi emotivamente. Proprio per questa partecipazione lo spettacolo teatrale è un modo straordinariamente potente per trasmettere insegnamento, e molto di più dei concetti, vengono veicolate le immagini. Teatro fa vedere che cosa può succedere nella vita e il soggetto che partecipa ne trae lezione e cerca di prendere le distanze da quelle parti di lui che assomigliano un po’ troppo a certi attori sul palcoscenico.” (Marco Ferrini)

Principio centrale dell’aspetto trasformativo di un laboratorio teatrale è l’idea che la costruzione di una realtà drammatica condivisa possa costituire un luogo di scambio, in cui è possibile sperimentare ruoli, relazioni, pensieri, emozioni, all’interno della cornice protettiva della “finzione”. Questo processo di costruzione implica la creazione di un clima di tolleranza e collaborazione, che incoraggia la sensibilità empatica del gruppo e consente l’incremento delle capacità di relazione. Al contempo, attiva e mette in contatto le componenti creative dei partecipanti, favorendo l’area dell’immaginazione e dell’esperienza estetica. Questa particolare posizione del teatro al confine tra scienza ed arte ne consente l’applicazione in differenti campi: nella prevenzione del disagio psichico e sociale; nella crescita del benessere di individui e gruppi. 

L’artista nella Tradizione, in virtù dell’aderenza alle leggi dell’ordine universale cercava, attraverso le proprie opere, di armonizzare tutti i piani antropologici dell’essere. Nel teatro tradizionale la comunicazione tende a coincidere con una trasformazione dell’individuo (attore/spettatore). Questa armonia tra conoscenza, comunicazione e trasformazione apre al ritorno ad un’arte trascendente, l’arte non più dissociata dalla vita e dalla ricerca interiore dell’artista. Le operazioni artistiche (processi creativi e prodotti) convergono nel punto fondamentale che lega il potere terapeutico del teatro e quella che, secondo tutte le grandi tradizioni, è la risorsa risolutiva per l'armonizzazione della personalità: la ricongiunzione con la parte più profonda di Sé, oltre i meccanismi e i condizionamenti dell’io storico.

Quando l’attore-persona inizia a conoscersi in profondità e integra in sé l’esistenza di vari “personaggi” che orbitano nella sua psiche allora i suoi orizzonti si ampliano, i vicoli ciechi diventano paesaggi e i propri rapporti con il mondo diventano scelte libere, fino a riscoprire il Supremo Regista del teatro della Vita, l'infinitamente Affascinante.

Il 30 dicembre all’interno del Seminario invernale vi aspettiamo al laboratorio teatrale dall’omonimo titolo
per fare insieme un viaggio nel mondo dei nostri personaggi interiori.
Per maggiori info sul seminario ⬇️

 

 

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