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Il disvelamento della lussuria

“Una persona intelligente non è attratta da quelle che sono le fonti della sofferenza, prodotte dal contatto dei sensi con la materia. Tali piaceri hanno un inizio e una fine, perciò la persona saggia non se ne compiace.”
Bhagavad-gītā 5.22

ये हि संस्पर्शजा भोगा दु:खयोनय एव ते ।

आद्यन्तवन्त: कौन्तेय न तेषु रमते बुध: ॥

ye hi saṁsparśa-jā bhogā

duḥkha-yonaya eva te

ādy-antavantaḥ kaunteya

na teṣu ramate budhaḥ

ye: i quali; hi: invero; saṁsparśa-jāḥ: generati dalla percezione sensoriale; bhogāḥ: i piaceri; duḥkha: di sofferenze; yonayaḥ: l’origine; eva: nient’altro che; te: quei; ādi: da un inizio; anta: e da una fine; vantaḥ: caratterizzati; kaunteya: o figlio di Kuntī; na: non; teṣu: in questi; ramate: si diletta; budhaḥ: una persona saggia.

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Agnolo Bronzino, Allegoria di Venere e Cupido, ovvero Il disvelamento della lussuria, 1545

Analisi dell’opera:
La scena ritrae un bacio di indicibile sensualità tra Venere e suo figlio Cupido. Attorno a questa scena, una complessa orchestrazione di simboli rivela l’autentica natura di quel che appare l’emblema di quanto di più desiderabile possa esserci.
La mano furtiva di Venere sottrae a Cupido le sue frecce, mentre quest’ultimo si accinge a sfilare il prezioso diadema dalla capigliatura dell’amante.
Alla loro destra, un putto si accinge a spargere petali di rosa sulla coppia. È la personificazione della Gioia, ma il suo piede è ferito dalle spine dello stesso fiore. Dietro di lui appare una figura dal grazioso volto di fanciulla, col corpo serpentino, le zampe leonine e la coda che termina con un pungiglione di scorpione, che la figura tiene nella propria mano sinistra. Nella mano destra un favo di dolce miele. È la personificazione dell’Inganno.
A sinistra della coppia, il volto straziato della Disperazione, frutto dell’amore sensuale. Sopra di lei, l’Oblio cerca di velare la scena, ma il Tempo le si contrappone mostrando la verità che si cela dietro i fugaci piaceri materiali.

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