Ai figli a cui «diamo tutto» in realtà non diamo niente, se non trasmettiamo loro la realtà più importante della vita: la bhakti. 
Bhakti è un termine sanscrito che significa fede, devozione, servizio, amore. 
È il solo sentire in grado di soddisfare completamente e definitivamente l’animo umano perché ne costituisce la cifra ontologica.
Le grandi scritture vediche – Bhagavad Gita e Shrimad Bhagavatam – spiegano che il nostro IO più profondo (la nostra anima) è pura bhakti ed è collegata all’Anima Suprema, Dio, in una relazione eterna di bhakti (servizio in spirito di devozione).
Ci dicono che quando noi serviamo la Vita (Dio, gli altri, la creazione…) con questo “dolce sentimento” nel cuore diventiamo subito interiormente soddisfatti. 
Per la nostra società, purtroppo, la devozione è l’ultimo degli obiettivi. Nessuno ci educa ad essa, nessuno ci spiega che è la nostra vera natura e come fare a riscoprire quest’intima realtà. 
Quando abbiamo “cestinato” Dio (per prendere goffamente il suo posto) – Dio inteso non come concetto astratto ma come relazione vera - non ci siamo accorti che minavamo alle basi la possibilità di un’esistenza sana, equilibrata, felice. 
E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. 
Quando il cuore è vuoto, l’istinto è quello di riempirlo perché noi desideriamo la pienezza e il vuoto fa male. Ci appropriamo allora di cose e di persone per poi scoprire, immancabilmente, che rimaniamo insoddisfatti e delusi. 
Ma il nostro cuore sa cosa realmente vuole, e continua a ricordarcelo, e siamo disposti anche a fare gesti estremi (come testimonia molta cronaca nera) pur di ritrovarlo.
Vuole solo quel “dolce sentimento” che ci ricollega a noi stessi e al Supremo…. Vuole il sentimento di bhakti che è il linguaggio stesso di Dio, il Suo modo di entrare in relazione con noi. 
Il sentimento umano che più si avvicina alla pura bhakti è il sentimento di una madre per suo figlio. 
La tradizione vaishnava lo rende visibile nell’abbraccio tra il piccolo Dio Krishna e sua madre Yasoda…

Francesca Nicastro