Relazioni significative
“Alcuni dicono che passiamo tutta la vita a cercare di rientrare nel grembo di nostra madre. A me piace pensare che fondamentalmente passiamo tutta la vita a cercare relazioni vitali; relazioni che ci facciano vivere per davvero”. Lo scrive il sacerdote, teologo e filosofo Luigi Maria Epicoco nel suo illuminante libricino Solo i malati guariscono. L’umano del (non) credente (Edizioni San Paolo, 2024).
Se non si trovano relazioni vitali, o si uccide o si ci uccide. E la cronaca nera ci offre casistiche a bizzeffe.
Trovare relazioni vitali infatti non ha a che fare con il nostro essere mammiferi, animali a sangue caldo, bisognosi di calore, di contatto, di gioco. Ha a che fare con la ricerca esistenziale di senso e significato, che attiene alla nostra dimensione spirituale. Chi diventa adulto non dovrebbe aver altro scopo di diventare una persona significativa, vitale per qualcun altro. Specialmente per i propri figli.
Diventare persone significative dovrebbe essere l’“ossessione” di genitori, insegnanti, educatori. Si è significativi quando si riesce a trasmettere realtà significative ovvero capaci di ispirare, di far alzare lo sguardo, di risvegliare, di attivare nell’altro un percorso di crescita.
Mi viene in mente, a questo proposito, un ciclo di seminari tenuto da Marco Ferrini una decina di anni fa sulla funzione dell'educazione nel modello pedagogico dell'India classica.
Ne ho ascoltato di recente due: “Ispirare al senso della vita” e “Educare con amore. Educare all’amore”.
Si è significativi – spiega l’Autore - quando si riesce a trasmettere realtà eterne, che non finiscano con la morte. Un antichissimo mantra vedico, il Pavamana mantra, recita:
Asato mā sat gamaya Tamaso mā jotir gamaya Mṛtyor mā amṛtam gamaya
Dall’irreale portami al reale
Dal buio portami alla luce
Dalla morte portami all’immortalità. È l’invocazione per eccellenza. Perché ciascuno di noi vuole vivere nella Verità, e non nell’allucinazione; nella Luce e non nell’oscurità; nell’Eternità e non nella mortalità. Dunque, il primo lavoro da compiere, per chi vuole diventare una persona significativa che sappia instaurare relazioni vitali, è imparare a distinguere tra ciò che è Asat (illusorio, perituro, insignificante, irrilevante…) e ciò che è Sat (reale, significativo, veritiero, eterno…).
E non è così facile nella nostra società, strutturalmente basata sull’effimero.
Quindi questa attività richiede ricerca, impegno. Richiede “svegliezza” (il termine corretto in italiano è “svogliatezza”, ma rende meno l’idea). Richiede entrare in un percorso di crescita, meglio se insieme ad altri, perché da soli non si va lontano.
Ma il risultato, per il ricercatore sincero, è garantito: “In questo sforzo non c’è perdita o diminuzione, e un piccolo passo su questa via ci protegge dalla paura più temibile” [Bhagavad Gita II,40]
Personalmente, mi sento grata per aver trovato Quella persona significativa… (Ne basta anche una sola nella vita per non fare una brutta fine).
Nella foto, Krishna e Arjuna sul campo di battaglia di Kurukshetra. Per il guerriero Arjuna, confuso e in difficoltà, fu l’amico divino Krishna, conduttore del suo carro da guerra, la persona significativa, con cui instaurare un dialogo che dissipò il suo malessere, portò chiarezza nella sua mente e lo mise nelle condizioni di alzarsi e combattere.
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