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Per una rivoluzione relazionale

 

Introduzione per l’era contemporanea alla Maitri Upanishad

Il mondo,
smarrito da un insegnamento
negatore dello Spirito,
da sillogismi e da ragionamenti falsi,
non sa più quale sia la differenza
fra sapere e non sapere.

Maitri Upanishad 7.8

 

La nostra società è a rischio: Nietzsche esclamava “Dio è morto!”

Sì, rispondiamo noi, ma solo nella consapevolezza degli umani; ucciso da una mentalità mossa dal delirio di potere, ancor più che dalla volontà di potenza. L’uomo al posto di Dio finisce per fare una ben magra figura, intento goffamente a creare nuove specie di vita e nuove presunte disposizioni di Natura. Demiurgo impazzito, rapina e stupra la Natura, ignaro del fatto che tutto è univoco e sinergico, e che il bene di ognuno è connesso intrinsecamente al bene altrui; ignaro che “l’altrui” non include solo gli altri esseri umani ma ogni singolo essere vivente e il pianeta stesso che tutti ci ospita.

Le Upanishad ci offrono un punto di vista, un modello cui possiamo aderire; insegnamenti spirituali dalla forza prorompente, che possono spezzare le catene della paralisi psichica e ideale della gente di oggi. Perché la Verità non è scalfita dal tempo e risuona tumultuosa nelle parole di queste opere, le cui origini rimontano ad ere remote che sfuggono alla memoria umana.

La speranza è rappresentata dal nostro desiderio di realizzare tutte le potenzialità di Bene; di realizzare la migliore versione di noi stessi. Tale speranza è sintomo della Vita che pulsa nei corpi e aspira al cielo; ma se vogliamo che fruttifichi in una realtà concreta e vissuta, dev’essere coltivata opportunamente: come un delicato germoglio, destinato a diventare un albero forte e maestoso.

Questa speranza celeste sembra oggi sfuggire alla gran parte delle donne e degli uomini, spesso incastrati in consuetudini che logorano la realtà. Vi è l’urgente bisogno di una nuova visione del mondo che restituisca dignità a ogni istante della nostra vita, ad ogni respiro. Una visione che riporti la Realtà al centro e che, per ciò stesso, sia rivoluzionaria. E questa visione giunge dagli antichi testi delle Upanishad.

Compito dei Maestri è di ricontestualizzare, nelle circostanze dell’attualità, principi eternamente vitali e veri, al fine di ripristinare il senso della vita, cui l’uomo necessariamente deve tendere per non sprofondare in oscuri labirinti mentali. Nella Bhagavad-gita, Krishna, Dio, afferma: “Ogni volta che declinano gli universali principi etici che sostengono il mondo intero (il dharma), e dilagano ingiustizia ed empietà (l’adharma), Io Mi manifesto.” Gli insegnamenti spirituali autentici hanno il potere di ripristinare il senso nel cuore delle donne e degli uomini, e di attivare così una trasformazione irrefrenabile, nella direzione della piena espressione di tutte le potenzialità luminose. Una voce -quella delle Upanishad- che giunge dalla profondità del tempo; risuona nel nostro cuore come una conoscenza da sempre esistente ma che da troppo tempo giace sopita e dimenticata. Una conoscenza che corrisponde alla nostra gioia essenziale e incondizionata, alla nostra eternità spirituale, a quel sentimento di puro e autentico amore che è la meta suprema di tutti gli esseri viventi. Vivere privi di tali comprensioni è non-vivere, è trascinarsi in un deserto esistenziale di non-senso.

Nella società attuale questa dimensione spirituale dell’essere è pressoché ignorata. Avendo smarrito loro stessi, le donne e gli uomini -che sono anima- vagano in una pseudo-realtà “cosificata”. Le Upanishad richiamano a un impegno, a esercizi di Realtà che ristabiliscano una comprensione armonica di noi stessi, degli altri e del mondo. Il disagio esistenziale -la sofferenza- ci viene incontro come una sveglia, per scuoterci dall’illusione di diventare felici nel possesso delle cose pereunti di questo mondo. L’unica opportunità di gioire del mondo risiede nell’arte di offrire a Dio le nostre ricchezze e i nostri talenti, che riacquistano così il loro vero valore di doni spirituali che uniscono terra e cielo, nello scambio di Amore tra Creatura e Creatore.

In questo seminario sulla Maitri Upanishad, Marco Ferrini -voce autorevole dell’antica tradizione dello Yoga bhaktivedantico- ci fornisce strumenti straordinari per il nostro risveglio; per la riconquista della nostra piena gioia di vivere, a prescindere da qualsiasi circostanza esteriore.

“Non aspettate che siano altri a compiere quei cambiamenti che desiderate si realizzino. Siate voi stessi gli autori di questa rivoluzione: una rivoluzione che parta dalla vostra interiorità e che si manifesti all’esterno come segno di quel che avete realizzato dentro di voi.” Questo ci dice Marco Ferrini, invitandoci a contribuire all’edificazione di una società migliore, nella quale la giustizia non sia ricercata con la violenza, ma con la giustizia; nella quale il benessere di tutti non sia perseguito con il sopruso su alcuni, ma con l’amorevolezza per ciascuno. Una società che rifletta le qualità spirituali che risiedono -in stato potenziale- in ciascun essere vivente, e che l’essere umano ha il precipuo dovere di attualizzare.

Dunque, i nostri soli nemici sono gli anartha, ovvero le nostre cattive abitudini: nel desiderare, pensare, parlare, agire, comportarsi. Dalla frequentazione di persone affette da cattive abitudini, nasce la propensione a sviluppare le medesime modalità. Allo stesso modo, frequentando coloro che ne sono esenti, si riceve la forza di liberarsi da propensioni patologiche. Dobbiamo quindi farci recipienti di contenuti psichici e spirituali che nutrano le nostre aspirazioni evolutive e, ispirati dalla compagnia di persone rette, impegnarci parallelamente a trasformare le nostre tendenze nocive in risorse energetiche pulite, e benefiche per noi e per gli altri.

Questi sono i capisaldi per lo sviluppo di una civiltà superiore: la civiltà relazionale. La quale non potrà che essere una civiltà spirituale, in quanto le relazioni autentiche sono esclusivamente spirituali. Altre forme relazionali, fondate su un interesse di natura egoica, debbono essere considerate al pari di un’allucinazione: prive di ogni reale consistenza e, per di più, deprivanti di energie e risorse preziose che andrebbero investite nella realizzazione spirituale.

L’universo relazionale è l’universo valoriale, perché è solo nelle relazioni che si possono mettere in pratica i valori. Questi non hanno alcun senso sul piano teorico, ma si esprimono esclusivamente nell’agire nel mondo e nell’interagire con gli altri. Relazionare significa esserci, far fronte alle nostre responsabilità non solo individuali ma anche sociali. Se non adempiamo con rigore ai nostri doveri, ogni aspetto della vita è destinato a trasformarsi in un disastro. Prima di ogni altro, quello relazionale.

Lo studio della Maitri Upanishad ci offre strumenti straordinari per lo sviluppo di relazioni autentiche, permettendoci -attraverso il commento di chi, come Marco Ferrini, ha realizzato gli insegnamenti che l’opera trasmette- di prendere le distanze dalle abitudini empie che affliggono la donna e l’uomo contemporanei. Prime tra tutte, la superficialità e la frettolosità cui i costumi moderni ci inducono, e che costringono a un’attitudine consumistica persino nell’ambito delle relazioni tra persone.

La donna e l’uomo contemporanei si trovano sempre più spesso costretti tra due eccessi apparentemente contrapposti, ma che sono in realtà perfettamente coerenti, e che rappresentano limiti insostenibili per la salute olistica della persona. Da una parte hanno per lo più smarrito il loro contatto con l’universo interiore; il che li costringe a proiettarsi all’esterno, alla ricerca di un punto di appoggio con cui identificarsi. Dall’altra, all’esterno non possono trovare relazioni soddisfacenti, perché queste si fondano su una profonda conoscenza di se stessi. Dunque, trascinati come foglie dal vento, finiscono per ripiegare sempre più spesso su surrogati relazionali, oggi emblematicamente rappresentati dai social network.

Ma tra la gente di oggi ci sono ancora tante persone che si fanno sostenitrici di una visione autentica, che indica la strada verso la libertà dai propri condizionamenti. Queste persone sanno che per coltivare le loro aspirazioni devono ricercare la compagnia e l’ispirazione di chi ha stabilito un rapporto profondo con se stesso, con quella dimensione spirituale che è sorgente di ogni Benessere e che illumina di senso anche la materia. È lo Spirito, infatti, che ci sostiene, ed è questo che dobbiamo ricercare. Gli insegnamenti delle Upanishad rappresentano un’occasione di festa: una festa per l’anima. Perché -come afferma la tradizione- coloro che cercano la felicità nella soddisfazione dei sensi, trovano il dolore; mentre chi si dedica al compimento del proprio dovere, ottiene la felicità.

Le Upanishad pongono domande sulla Verità, e le pongono per il nostro beneficio. Ci aiutano così a uscire dai solchi dei meccanismi mentali. Attraverso un ascolto attento, l’attivazione dell’immaginazione attiva, la predisposizione all’umiltà di fronte ad argomenti che trascendono i limiti dell’intelletto umano, e, soprattutto, in forza di un commento che riporta al nostro linguaggio e al nostro contesto storico-culturale gli antichi insegnamenti; grazie a questo sistema di apprendimento, e al desiderio di applicare nella nostra vita la conoscenza acquisita, l’opera giunge a noi nella sua virginale freschezza, espressione di una Realtà eterna e inalterabile. Ma affinché si realizzi una rivoluzione fondata sull’eterno, è necessario che le persone incarnino questi valori e li vivano nel loro cuore, nella loro mente, nelle loro parole e comportamenti. In una sola parola, nella loro vita. Allora i frutti giungeranno sicuri, nutrendo di gioia e benessere noi stessi e gli altri, come ricompensa per la nostra coerenza.

Non è necessario rinunciare alla nostra dimensione umana e terrena. Anzi, tale tentativo si costituirebbe come un tradimento di noi stessi e sarebbe foriero di un fallimento certo. Nessuna fuga dalla realtà, ma orientare ogni aspetto della nostra vita alla realizzazione spirituale, ossia alla conoscenza della nostra autentica identità. In questo modo, tutto si costituisce come un affascinante, entusiasmante, bellissimo gioco. È questa la rivoluzione antropologica che ci attende, e che si presenta come l’unica opportunità per una trasformazione evolutiva dell’individuo e della comunità. A noi la libertà, a noi la scelta!

Buon ascolto, miei cari compagni di viaggio.

Fabrizio Fittipaldi

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