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Visualizzare il cambiamento

(Riflessioni ed appunti dai seminari di Marco Ferrini)

Stimatore degli antichi testi vedici, Schopenhauer(1788-1860) nella sua opera “Il mondo come volontà e rappresentazione” scrive: “è Maya il velo ingannatore che avvolge gli occhi dei mortali e fa loro vedere un mondo del quale non può dirsi né che esista, né che non esista; perché ella rassomiglia al riflesso del sole sulla sabbia che il pellegrino da lontano scambia per acqua o anche rassomiglia alla corda gettata a terra che egli prende per un serpente”. NelBhagavata-Purana,con millenni di anticipo, è scritto “Per Suo volere questo mondo, semplice miraggio, assume un aspetto tangibile anche per i grandi saggi ed esseri celesti. Per Suo volere, gli universi materiali, prodotti illusori delle tre influenze della natura, appaiono come l’immagine stessa della Realtà” (B.P.1.1.1.)

Cosa rappresenta quindi il mondo descritto in queste due opere, come possiamo  rinnovarne la visione ed agire in esso per il cambiamento?  In un’interessante introduzione ad un’esperienza di visualizzazione meditativa, il Maestro Marco Ferrini ha offerto ai presenti stimolanti riflessioni.

Espandendo il pensiero di Schopenhauer (per cui mondo uguale volontà e rappresentazione), il mondo esteriore, così come ciascuno lo percepisce,altro non è cheil prodotto della propria realtà interiore, la rappresentazione dei propri contenuti psichici consci ed inconsci. Non è infatti l’accadimento in sé che ci influenza, bensì il modo in cui ciascun individuo lo vive, distorto e filtrato dalle proprie tendenze (vasana)e dalle memorie di esperienze passate (samskara).

Si potrebbe quindi affermare che il mondo è mente, è pensiero e, poiché secondo la scienza vedica il pensiero struttura il mondo, operare primariamente in esso ci consente di trasformare anche la realtà fuori di noi.  Come nel macrocosmo l’universo è la materializzazione di un pensiero espresso dalla Mente Universale, così nel microcosmo ogni nostra azione e scelta è l’espressione manifesta dei nostri pensieri e ancor prima, come ci insegnano leUpanishad, dei nostri desideri. 

Ed è proprio su questo potentissimo principio che si fonda la pratica della visualizzazione meditativa: costruire prima dentro di noi la realtà che desideriamo si manifesti fuori. 

E’interessante sapere che il sistema nervoso non discrimina tra ciò che viene immaginato, frutto di una visualizzazione, e ciò che ha effettiva consistenza fisica. La creazione attiva di immagini,ha spiegato in più occasioni il Maestro, attiva infatti la medesima disposizione che i neuroni verrebbero ad assumere nel caso in cui quelle immagini accadessero anche a livello fisico, oltre che psichico. Sviluppare con convinzione questa capacità di visione (darshana) ci aiuta concretamente a rinnovare il nostro patrimonio emozionale, a dirigere al meglio le nostre azioni, ad interrompere quegli automatismi mentali che, in risposta ad accadimenti esterni, ci portano spesso a reagire senza il dovuto discernimento (viveka).Rievocare e rafforzare all’occorrenza le immagini prodotte durante tali esperienze diviene un prezioso ed efficace strumento per gestire con lungimiranza ogni sfida che questa vita incarnata ci riserva.

Condividendo queste mie riflessioni, realizzo che il punto cruciale è cosa scegliamo di visualizzare, con quale motivazione lo facciamo e in quale misura siamo consapevoli che la scelta giusta non può prescindere, a monte, dall’autentica e reale conoscenza di noi stessi. E’qui che, a mio avviso, si gioca tutta la partita.

Per garantirci il vero successo, dobbiamo avere preliminarmente meditato con cura  sulla natura dei desideri che vogliamo realizzare, su quanto essi siano attinenti alla Realtà e in quale misura, quindi, siano funzionali alla nostra evoluzione personale e spirituale, perché così facendo strutturiamo il nostro futuro. E’quindi utile domandarsi: chi sta visualizzando, chi sta desiderando? La parte di noi identificata con ciò che è transitorio ed effimero (ahamkara) o il nostro vero sé, la parte di noi più autentica (atman)? Desiderare, pensare ed operare nel mondo senza la consapevolezza di non essere esso, senza conoscere la nostra reale natura e lo scopo dell’esistere, condurrà solo a fallimenti e ad errori che nell’immediato magari non riconosciamo come tali ma che, ben presto, disveleranno i loro effetti. Conoscerci in profondità,riscoprire la bellezza della nostra eterna forma spirituale, e sperimentarlo in questa vita stessa, rinnova e rivoluziona la visione del mondo, purifica i desideri e orienta il nostro agire verso una direzione autenticamente evolutiva ed illuminata. 

Come dice spesso il Maestro: “vanno bene le deduzioni e l’impegno personale mabisogna affidarsi a Dio per avere veramente la visione lungimirante che conduce al sommo Bene. Solo così, anche con gli ostacoli, potremo rasserenarci senza rassegnarci”. Ed è proprio questa la migliore predisposizione a cui possiamo aspirare, l’unica che potrà garantirci il vero successo!

Pamela Dal Maso

 

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