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Le domande eterne dell'anima eterna - parte IV

Nella concezione materialistica della vita, le persone hanno il terrore della morte e cercano di negare questo fenomeno attuando una rimozione. “Petr Ivanovic cominciò a chiedere i particolari della dipartita di Ivan Ilyic come se la morte fosse un’avventura propria solo ad Ivan Ilyic e per niente riguardante lui “( La morte di Ivan Ilyic). In una delle storie del celeberrimo Mahabharata della tradizione vedica, alla domanda di Yamaraja, il “governatore” del regno della morte, – qual è la cosa più sorprendente in questo mondo? – il saggio re Yudhisthira risponde: La cosa più sorprendente è che se anche tutti i giorni vediamo morire innumerevoli creature, pensiamo ed agiamo come se il nostro corpo vivesse per sempre.”
Gli eroi di Tolstoj spesso pongono domande sulla destinazione ultima dopo la dipartita: “Dove mi troverò quando non sarò più qui ?” (La morte di Ivan Ilyic). Secondo la filosofia dei Veda esistono infinite dimensioni di coscienza nelle quali può trovarsi l’essere vivente dopo la sua dipartita dal mondo fenomenico; la morte rappresenta solo un passaggio in una di queste dimensioni governate dalle leggi Divine. Il concetto di morte come forma di transizione in un’altra dimensione di esistenza e come possibilità di liberazione dall’imprigionamento materiale imprime un’altra prospettiva di vita. Nel testo non finito “Gli appunti postumi dell’eremita Fiedor Kuzmitc”, incontriamo le seguenti riflessioni: “Prima tante volte pensavo che l’uomo non può fare a meno di desiderare… tutta la vita ruota attorno al desiderio. E mi è venuto in mente che se tutta la vita è sorgere di desideri e la gioia della vita consiste nel loro appagamento, forse dovrebbe esistere un desiderio proprio di ogni essere umano, sempre, e che potrebbe essere sempre esaudito? E per me è diventato chiaro che questo sarebbe possibile per un uomo che desidererebbe la dipartita. Tutta la sua vita sarebbe un avvicinarsi a questo desiderio, non il desiderio della morte in sé, ma di quel fluire della vita che porta al trapasso. Questo fluire è la liberazione dalle passioni e dalle tentazioni di quell’essenza spirituale che dimora in ogni uomo. Ora, liberandomi da una parte di quello che mi bloccava, che mi nascondeva la natura dell’anima, la sua unità con Dio, comincio a realizzare questo con chiarezza. Se avessi posto come il bene supremo la liberazione dalle passioni, l’avvicinamento a Dio, tutto quello che mi avvicina alla morte, la vecchiaia, le malattie, sarebbe stato l’appagamento del mio principale, unico desiderio”.
In modo particolare L.Tolstoj ha cercato di risolvere il mistero della morte negli ultimi anni della sua vita, giungendo alla conclusione che la morte è una forma che il Signore prende per mostrarsi agli atei, e che l’unica possibilità di liberarsi dalla paura della morte è avvicinarsi a Dio.
Il grande scrittore è stato coerente con la sua ricerca filosofica e le sue realizzazioni. Citiamo di seguito alcune righe tratte dal suo diario, scritte poco tempo prima del suo trapasso, nel 1909: “Non sto bene, sento la debolezza del corpo, e così semplice, chiara e facile sembra ora la liberazione dal corpo – non la morte, la liberazione”. “Morendo, si applica lo sforzo maggiore sulla liberazione dell’anima attraverso l’amore”.
“Ultimamente ho una febbre alta costante, forse sto per morire. Stranamente non ho paura, ma una specie di intensa curiosità”. “Sento nell’anima qualcosa di nuovo, di buono, lontano dal samsara, e molto, molto gioioso”.

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